venerdì, settembre 29, 2006

Tecniche di ripresa dei P.I.R.L.A. /2


II - Ultimo Tango a Busto Arsizio



difficoltà: bassa
rischio: medio
indispensabili: dietrologia, natiche espressive, scarpe da corsa.



Il paparazzo pelato nascosto fra i rovi, l’immortalatore di morti della Squadra Omicidi, il matrimonialista bolso chino sulla Rolleiflex, quello secco delle fototessere che ti dice umettati le labbra.



Chi sono?

Italia Piccola
©Marina H. Rukarijekic
Ok, sono fotografi non molto glamour; sono anche quelli che devono consegnare delle immagini frontali a tutti i costi. Tu, no.

La fotografia professionale non è solo una questione di belle facce o di facce di culo, a seconda del caso.
E’ anche una questione di nuche, gomiti, spalle e così via.
Non molti, però, cercano un'immagine dove non ci sono facce da inquadrare; brutta abitudine che puzza di foto da turista.
Stoccafissi in posa, tesi al centro, un sorriso falso, un flash e più pupille rosse per tutti.


Prego, di niente
©Marina H. Rukarijekic

Il reporter, invece, deve prendere la realtà di petto, di schiena, o da qualunque angolo gli si presenti, senza pensarci.
Si pensi alla bagnante di Valpinçon di Ingès o all’autoritratto di Lee Friedlander, due esempi di equilibrio "dietrologico" e mitopoietico.
Questa scelta rende inoltre pubblicabili senza patemi le vostre foto, dal momento che solo il proprietario del culo in questione può riconoscervisi (tranne Ferrara)*.

La fase di ripresa, invece, può risultare pericolosa, in quanto il gesto si presta a diversi fraintendimenti, tutti spiacevolissimi.
Prendiamo questa foto.


©Marina H. Rukarijekic

Come l’avrebbe presa la signora, se si fosse girata?
Non bene, temo.

Quindi: scatta al momento giusto, componi bene, calcola profondità di campo ed evita il mosso, con poca luce, niente flash e uno scatto rumoroso, mentre quella può girarsi, e la vecchietta col carrello della spesa passa sibilando “Brut Drugà”.
Non è semplice.

Se la foto riesce, ne avete ritratto l’essenza senza di guardarla in faccia.
Di questa donna non c’interessa il volto, perchè lei si esprime molto bene da dietro, o, come direbbe il mio amico Cecio, “quella c’ha un culo che parla”.
Quei pantaloni attillati e leopardati, i tacchi a spillo e le puntazze, le mèches paglierine, il gesto volgare, da felina-pronta-a-cuccare-anche-alla-Coop, il panierino da single, l’interesse nelle carni fresche !
Meow.

Questa donna racconta un modo di essere femmina tutto italiano, senza dire una parola e senza voltarsi.
La stessa scena vista da davanti avrebbe perso qualcosa.
Sarebbe stata la foto di Cinzia, Katia, Sharon o Samantha, insomma, la foto di una sciapista di provincia, non il ritratto di tutte le sciacquette italiche, giovani o giovani dentro, leopardate o zebrate, con e senza il TH.

©Marina H. Rukarijekic

* Il prospetto di Giulianone, invece, trasforma fotografi e attrezzature in statue di sale, come la Medusa.

NB
Se vi state chiedendo a cosa servono le scarpe da corsa, il saggio cinese dice: selvono pel collele.

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